Impianto endometriale dell'embrione in cicli PMA: fisiopatologia [PDF]

Aug 5, 2017 - Anche se non esiste una regola fissa e uguale per tutte le pazienti, è opinione diffusa che il transfer a

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Impianto endometriale dell’embrione in cicli PMA: fisiopatologia Scritto da dottvolpicelli on 5 agosto 2017 507 visite Hits: 377 Nella terapia della sterilità, molti fattori negativi (impervietà tubarica in primis, ostilità cervicale, disovulazione e dispermia) sono stati superati con le tecniche IVF-ET ed ICSI che permettono di by-passare i problemi tubarici e cervicale e ottenere embrioni di buona qualità nel 95% dei casi ma con tassi di gravidanza del 12-25% per ciclo di trattamento (1-3). La bassa percentuale di gravidanza è dovuto al fallimento dell’impianto che attualmente è il principale problema su cui discutere. Nella gestione

delle tecniche PMA, per aumentare l’outcome gravidico si è puntato sul miglioramento della qualità embrionale, recettività endometriale e sincronizzazione fra transfer embrionale e maturità endometriale adeguata (endometrio “in fase”). Recentemente si è introdotto il concetto di trasferimenti “omogenei” (“homogeneous transfers”, HT), in cui il trasferimento omogeneo è definito come il trasferimento di embrioni con una morfologia simile (1-4). Qualità embrionale: molti progressi sono stati ottenuti nei centri PMA per ottimizzare il pregnancy rate migliorando la qualità embrionale e scegliendo gli embrioni di migliore qualità. Anche se non esiste una regola fissa e uguale per tutte le pazienti, è opinione diffusa che il transfer al 5-6° giorno, allo stadio di blastula, sembra aumentare l’outcome gravidico per diversi motivi: gli embrioni con patologie genetiche non si sviluppano oltre il 5° giorno e quindi si assiste ad una spontanea selezione embrionale che può essere ulteriormente raffinata mediante PGD (Preimplantation Genetic Diagnosis) (29-33). Inoltre al 5-6° giorno l’endometrio è altamente ricettivo, sicuramente più che al 3° giorno, ed infine la possibilità di migliorare l’attecchimento mediante hatching della zona pellucida che non può essere effettuata su embrioni a 2-4 cellule (5-14). La percentuale di aborto ovulare è più elevato dopo il trasferimento di embrioni a 2-4 cellule rispetto agli embrioni allo stadio di ≥8 cellule ed è significativamente aumentato quando l’embrione presenta >20% di blastomeri frammentati mentre diminuisce significativamente in caso di embrioni con precoce primo cleavage che risulta essere il migliore indicatore di qualità embrionale nelle tecniche IVF (15-20). La frammentazione blastomerica è da valutare, al microscopio invertito a ingrandimento 400X, 44 ± 2 h dopo l’inseminazione o la microinezione. La frammentazione blastomerica è stata valutata come segue: A = nessuna frammentazione; B = 1-20% in volume di frammenti anucleati; C = 21-50% in volume di frammenti anucleati; e D = >50% in volume di frammenti anucleati (21-28).

Ovviamente la scelta di effettuare il transfer al 5-6° giorno dipende anche dall’età della paziente, dalla sua storia clinica, dal numero di embrioni ottenuti e dalla sincronia con la maturazione endometriale (29-30).

Recettività endometriale: la bassa percentuale gravidanze in evoluzione (25%) rispetto al numero di embrioni ottenuti è da addebitare a numerosi fattori come la presenza di idro- e sacto-salpinge, infezioni pelviche, PID, obesità, diabete mellito, cardiopatie, fattori immunologici e fattori psico-somatici, ma è la recettività endometriale tout-court il principale fattore limitante il successo delle tecniche PMA, il cul de sac in cui vanno ad restringersi le probabilità di successo delle tecniche ART (10-14). L’endometrio esprime una finestra di recettività fra il 15° e il 19° giorno di un ciclo spontaneo e dal 4° al 9° giorno dopo il picco LH o somministrazione di HCG dei cicli stimolati. Moderne tecniche hanno permesso di individuare esattamente la finestra di recettività in cicli non stimolati in modo da ottimizzare il transfer embrionale in caso di ovodonazione e nei casi di embryo-transfer differiti (15-17). La finestra di impianto è correlata a modificazioni morfologiche endometriali, modificazioni ormonali e biochimiche, modificazioni recettoriali, secrezioni di citochine e prostaglandine in un insieme armonico e strettamente collegato (18-29).

Modificazioni morfologiche (decidualizzazione): L’epitelio superficiale si ripiega e le cellule si distendono e mostrano un citoplasma più chiaro, alcune cellule sviluppano nuclei grossi ed ipercromici-poliploidi. Le ghiandole endometriali subiscono un fenomeno di Iperplasia morfologica e funzionale. Le cellule stromali si decidualizzano passando da una conformazione affusolata o a stella ad una forma globosa, rotondeggiante, aumento di volume, accumulo

citoplasmatico di glicogeno e granuli lipidici. neo-angiogenesi e congestione dei sinusoidi vascolari in caso di gravidanza iniziale, anche extra-uterina, a carico delle cellule epiteliali secretive delle ghiandole endometriali, si osservano particolari modificazioni (fenomeno di AriasStella) dovute all’azione dell’HCG. Modificazioni biochimiche locali: comparsa di integrine, MMP (Matrix Metallo-Proteinasi): Collagenasi, Gelatinasi e Stromelisine, enzimi litici di origine endometriale e fibronectina di orgine embrionale, che favoriscono l’annidamento. prostaglandine intracellulari PGF2, PGE2, PGI2 e PGD2 La prolattina: è prodotta soprattutto nella fase luteale tardiva; a basse concentrazioni risulta essere luteotrofica, mentre a dosi elevate è luteolitica (30-33). Citochine e fattori di crescita: la complessità degli eventi di impianto e placentazione è resa evidente dall’elevato numero e dalla varietà delle citochine e dei fattori di crescita espressi dalle cellule stromali e ghiandolari in fase luteale e soprattutto durante la “finestra di impianto” ed implicati in questi processi. Alcuni sono fondamentali, altri non sono indispensabili. I difetti di espressione e azione di queste citochine e fattori di crescita provocano diminuzione della recettività endometriale e il fallimento o diminuzione delle percentuali di impianto. Di notevole importanza risultano i membri della famiglia gp130 come l’interleuchina-11 (IL-11) e il fattore di inibizione della leucemia (LIF), la superfamiglia del fattore di crescita di trasformazione beta (TGFbeta), incluse le attivine, i fattori stimolanti colonia (CSF), le interleuchine IL-1 e IL-15. Nuovi dati stanno emergendo anche per il ruolo di una serie di chemiochine (citochine chemioattrattive) sia nel richiamo di specifici leucociti nei siti di impianto che nella differenziazione dello stroma endometriale (34-47). LIF (Leukemia Inhibitory Factor): è una leuchina della classe IL-6 che inibisce la differenziazione cellulare. E’ stato dimostrato che la LIF, regolata dalla proteina p53, agevola l’impianto nel modello del topo e probabilmente negli esseri umani (56). La LIF umana ricombinante potrebbe contribuire a migliorare il tasso di impianto nelle donne con infertilità inspiegata (57). LIF è normalmente espressa nel trofectoderma dell’embrione in via di sviluppo mentre il suo recettore LIFR è espresso in tutta la massa cellulare interna (58,59).

IL-11 (Interleuchina-11): citochina appartiene alla famiglia dell’interleuchina 6 e del LIF. La sua secrezione dalle cellule stromali avviene soprattutto nella fase luteale tardiva ed è stimolata dal progesterone con il concorso di diversi fattori di crescita. IL-11 promuove la sintesi delle proteine implicate nei processi flogistici e promuove la proliferazione locale di linfociti. E’ perciò direttamente interessata nella immunologia della gravidanza (60-66). Il difetto di secrezione locale di IL-11 comporta una difettosa differenziazione delle cellule stromali e conseguente deficit di impianto (67-74) IL-6 (Interleuchina-6) HBEGF, Heparin Binding Epidermal Growth Factor Colony Stimulating Factor-1 IGF-I, fattore di crescita insulino-simile EGF (Epidermal Growth Factor): è un fattore di crescita che svolge un ruolo importante nel regolare la crescita, la proliferazione e la differenziazione cellulari, legandosi al suo recettore EGFR. Scoperta del premio Nobel Stanley Cohen nel 1986. Poiché l’iperespressione di EGF è un momento fondamentale per l’innesco e lo sviluppo di alcune neoplasie, la sua inibizione può in qualche modo interrompere la carcinogenesi (48). A questo scopo, sono state sviluppate alcune terapie basate su farmaci biotecnologici e anticorpi monoclonali; alcuni di questi ultimi sono diretti verso il recettore del fattore di crescita dell’epidermide, portando alla sua inattivazione e conseguente inibizione della proliferazione cellulare (4952). La funzione dell’EGF nel processo di decidualizzazione sembra indirizzata all’epressione del fattore tissutale (TF) che rappresenta il fattore primario di emostasi per prevenire l’emorragia peri-impianto nella zona delle cellule stromali endometriali perivascolari (HESCs) durante l’invasione trofoblastica endovascolare. Per l’espressione dell’EGF contribuiscono sia l’azione del progesterone che dell’estradiolo, anche se quest’ultima non è indispensabile (52-55). Estradiolo e progesterone: la maturazione endometriale è l’ultima tappa di un lungo processo che può essere riassunto in una fase di rigenerazione endometriale indotta dall’estradiolo e in unafase di maturazione endometriale o decidualizzazione indotta dal progesterone. Il progesterone viene fisologicamente prodotto prevalentemente dal corpo luteo fino a circa 8 settimane di amenorrea gravidica quando la sua produzione è di fatto sostituita da quella del trofoblasto placentare.

Fecondazione e annidamento: Nel ciclo spontaneo, la fecondazione dell’ovocita avviene nel terzo distale tubarico. L’embrione e schematicamente può è trasportato dal movimento delle cilia epiteliali tubariche verso la cavità uterina. Durante la migrazione lo zigote moltiplica il numero dei suoi blastomeri e si trasforma in morula al 3° giorno circa. Al 7° giorno dopo la fecondazione, l’embrione giunge in cavità uterina allo stadio di blastocisti. Se l’ovulo fecondato giungesse in utero prima della sua trasformazione in blastocisti avrebbe maggiori difficoltà

ad impiantarsi anche perchè rischierebbe di trovare un endometrio non recettivo. La blastocisti rimane sospesa nel liquido della cavità uterina per 2-3 giorni mentre si libera della zona pellucida che avvolge l’embrione e ne impedisce l’annidamento tubarico (GEU). In questo periodo inoltre si sviluppa la porzione del foglietto trofoblastico prossimo alla decidua che si duplica in uno strato esterno detto sinciziotrofoblasto e in uno strato interno denominato citotrofoblasto. Questa è la fase in cui ha inizio l’annidamento vero e proprio.

L’annidamento endometriale dell’embrione è reso possibile dall’azione litica di enzimi, come la L-selectina, e la Matrix Metallo-proteinasi (MMP) detta anche matricina. Le principali classi di MMP sono le Collagenasi, le gelatinasi e le Stromelisine. Questi enzimi esercitano un’azione litica sulle cellule superficiali endometriali e, soprattutto, su integrine e matrice extracellulare (ECM). Le integrine sono glicoproteine transmembrana che uniscono le che collegano le proteine della matrice extracellulare ai microfilamenti intracitoplasmatici costituendo un ponte che rende stabile il rapporto delle cellule con il tessuto extracellulare (ECM) e permette la trasmissione dei segnali intercellulari. Nell’endometrio sono presenti 22 tipi di integrine, mentre nell’embrione è presente l’integrina chiamata fibronectina. Inoltre la porzione extra-cellulare delle integrine è provvista di 6 siti di legame (ligandi) che si agganciano ai ligandi embrionali in un’azione sinergica ed in tal modo le integrine sono in grado di mediare, “guidare” l’adesione della blastocisti all’endometrio. Inoltre le MMP stimolano l’angiogenesi: favorendo la migrazione delle cellule endoteliali e la formazione della struttura dei capillari grazie al rilascio di fattori di crescita angiogenici dalla matrice extracellulare. Inoltre sono provviste di azione opposta inibente la neoangiogenesi mediante fattori inibitori in un complesso gioco di equilibrio fondamentale nello sviluppo placentare come nello sviluppo dei processi neoplastici che includono molteplici pathways (22-33).

Il sinciziotrofoblasto prolifera e penetra nella parete uterina (per circa 1/3 della parete uterina), abitualmente a livello del fondo dell’utero (zona in cui il miometrio è meno tonico), più raramente sulla parete posteriore o anteriore, Al 14º giorno dopo la fecondazione dell’ovocita, la blastocisti è totalmente incorporata nello stroma dell’endometrio. In questa fase l’endometrio, sotto lo stimolo del progesterone, è in trasformazione deciduale: diventa iperplastico e le ghiandole aumentano di numero e di volume e secernono un liquido ricco di glicogeno e lipidi che forniranno nutrimento all’eventuale impianto della blastocisti (34-39).

A processo compiuto (25° giorno del ciclo, poco dopo l’eventuale annidamento dell’embrione) l’endometrio si presenterà con uno strato superficiale (la decidua), situata immediatamente al di sotto dell’epitelio di rivestimento dell’endometrio, ed uno strato profondo (stroma) di consistenza spongiosa dovuta alle numerose ghiandole ripiene di liquido secretivo (40-42).

Endocrinologia della maturazione endometriale: la rigenerazione endometriale è indotta dall’estradiolo secreto dalle cellule della granulosa su induzione del FSH mentre la maturazione endometriale, la trasformazione deciduale, è governata dal progesterone secreto dal corpo luteo sotto stimolo dell’LH (43-44). A differenza di questa visione convenzionale, recenti studi hanno suggerito che, oltre ai suoi effetti indiretti mediati dalla secrezione steroidea ovarica, l’LH può agire anche con azione diretta sull’endometrio sia nella fase follicolare che nella fase luteale (45-49).

La risposta delle cellule-bersaglio alle gonadotropine é facilitata dalle prostaglandine intracellulari PGF2, PGE2, PGI2 e PGD2, dal fattore insulino-simile IGF-I, EGF e dal calcio. La prolattina a basse concentrazioni risulta essere luteotrofica, mentre a dosi elevate è luteolitica (50).

Azione dell’FSH: l’FSH agisce sui recettori specifici situati sulle cellule della granulosa inducendo fondamentalmente la proliferazione cellulare, la moltiplicazione degli stessi recettori per FSH, la stimolazione dell’aromatasi che trasforma il testosterone in estradiolo e l’espressione dei recettori per LH. Azione dell’LH: l’LH agisce sui recettori specifici posti sulla superficie delle cellule tecali interne favorendone la secrezione di testosterone e androstenedione. Inoltre l’LH controlla l’ovulazione di cui è “trigger”, permette la formazione del corpo luteo e la secrezione di progesterone ed estradiolo da parte delle cellule della granulosa luteinizzate. I recettori per l’LH sono presenti anche sulle cellule della granulosa in fase tarda follicolare; dal numero dei recettori per LH sulle cellule della granulosa dipende l’attività del corpo luteo. Se l’LH, in fase follicolare precoce, raggiunge livelli sierici elevati, per somministrazione esogena o per surge endogeno, si producono danni sulla maturazione follicolare: “LH Ceiling“. Probabilmente ciò è dovuto ad un’iperproduzione androgenica e androgenizzazione ovarica conseguente agli aumentati livelli sierici di LH. E’ la stessa situazione che spesso si ritrova nelle pazienti PCOS. Si assiste a riduzione dell’attività dell’aromatasi, con ulteriore aumento di androgeni non più convertiti in estrogeni, deficit della biosintesi estrogenica, arresto della maturazione follicolare ed un’alterazione dei meccanismi di selezione del follicolo dominante. L’LH endogeno è in grado, in presenza di FSH, di elicitare una biosintesi androgenica massimale, anche se legato soltanto ad una quantità inferiore all’ 1% dei propri recettori espressi dalle cellule della teca (spare receptor hypothesis). Le concentrazioni endogene di LH in corso di ciclo spontaneo e finanche i livelli circolanti di ormoni residui alla soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio con analoghi del Gn-RH sembrerebbero essere sufficienti, nella maggior parte dei casi, ad occupare tale quota recettoriale e, quindi, a sostenere l’attività dell’FSH esogeno. Ciononostante, in una quota di pazienti oscillanti tra il 10 e il 30% , la COH (Iperstimolazione ovarica controllata) non esita in una risposta ovarica soddisfacente. È possibile ipotizzare che in queste pazienti ci sia un grado eccessivo di soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisario a causa dell’uso di analoghi o antagonisti del Gn-RH e, quindi, ad una insufficiente attività LH residua (2). Tali pazienti potrebbero beneficiare dell’uso di preparazioni farmacologiche (Luveris fl 75 UI) contenenti LH (51-53), la cui somministrazione, LHadded, dovrebbe essere calibrata al fine di non produrre concentrazioni circolanti eccessivamente alte e potenzialmente dannose (5). E’ stato recentemente suggerito che la necessità di somministrare LH esogeno coincida con il riscontro di concentrazioni sieriche circolanti di LH

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